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L’andamento del mercato immobiliare italiano nei dati del 1° Rapporto 2020 di Nomisma

02/04/2020

Una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche per il settore immobiliare è quella tracciata dagli esperti di Nomisma durante la presentazione del 1° Rapporto sul Mercato Immobiliare 2020. Presentazione avvenuta in una modalità insolita, quella della diretta streaming, nel rispetto delle attuali restrizioni dovute all’emergenza sanitaria da Covid-19. 

La sede storica della società bolognese ha fatto così da sfondo all’illustrazione di dati, previsioni e scenari, purtroppo tutt’altro che rosei, relativi all’andamento del mercato immobiliare italiano, il cui rallentamento sembra essersi manifestato ben prima dell’insorgere della pandemia.

Qui di seguito riportiamo una sintesi delle riflessioni e degli spunti che sono emersi durante la diretta streaming e i video dei quattro focus tenuti dagli esperti.

Lo scenario macroeconomico – Lucio Poma

Mai come in questo momento è necessario avere coscienza del contesto economico per inquadrare la situazione che stiamo vivendo. 
Cosa è successo negli ultimi due mesi? A questa domanda risponde Lucio Poma, Capo economista di Nomisma, durante il primo intervento della giornata. Una sintesi degli ultimi avvenimenti – ricorda l’economista – non si può prescindere dall’andamento di variabili come la borsa, l’oro, il dollaro. Ma, soprattutto, non può che partire da un’amara considerazione: l’Italia era in recessione già prima della diffusione del Coronavirus. La pandemia ha colpito, quindi, un paese debole, che già nell’ultimo trimestre del 2019 aveva registrato valori negativi. L’andamento dei fatti riassunto da Poma è molto chiaro e segue l’evoluzione della situazione cinese: i primi due mesi del 2020 sono, infatti, segnati dal rallentamento dell’economia del colossoasiatico a seguito della diffusione della malattia. E, considerato che la Cina rappresenta il 16% del PIL e il 10% della domanda mondiale di petrolio, un suo arretramento ha dato il via alla crisi economica generale che è avanzata man mano a macchia d’olio. 

Una prima grave conseguenza della frenata cinese si verifica già nel mese di gennaio, quando il prezzo del petrolio crolla in seguito alla rottura del cartello OPEC Plus con la fuoriuscita della Russia dagli accordi. 
Tuttavia, come rileva Poma, il crollo dei prezzi non riguarda solo il petrolio, ma investe tutte le altre materie prime (tra cui il rame) e tutti i settori produttivi. Ciò ha innescato una guerra al ribasso dei prezzi (che continuerà nei prossimi mesi) da parte delle imprese, nella speranza di accaparrarsi le poche quote di mercato che restano in vita e per smaltire gli eccessi di produzione accumulati nei piazzali e nei magazzini. Cambieranno le dinamiche competitive, le geometrie degli equilibri e soprattutto l’articolazione delle catene del valore.

E l’Italia? Il nostro paese, stando alle previsioni del Capo economista di Nomisma, andrà quasi sicuramente in deflazione. Con una forte riduzione dei consumi, un ulteriore abbassamento dei prezzi (soprattutto quelli dei comparti energetici) e i disperati tentativi messi in atto dalle imprese per vendere le merci, e l’abbassamento del reddito pro capite dei lavoratori. A questo si aggiungerà un aumento della disoccupazione e della cassa integrazione, che deprimerà ulteriormente i consumi. 

L’ultima parte dell’intervento di Poma riguarda i fattori legati all’incertezza del Coronavirus. In particolare, si evidenziano i crolli del prezzo del rame e la crescita di quello dell’oro che letti congiuntamente rilevano che  aziende, operatori e istituzioni sono concordi sull’arrivo imminente della recessione. Da segnale il significativo calo del prezzo dell’oro, seppur per un tempo molto limitato (dal 12 al 16 marzo), frutto di una disperata ricerca di liquidità da parte degli agenti economici che sono arrivati al punto di vendere il nobile metallo, manifestando preferenza per la liquidità del dollaro. L’oro, poi, è risalito oltre i 1.600 dollari per oncia ma si è dimostrato che anche i beni rifugio possono subire variazioni repentine e acute a causa di momenti di panico delle aspettative che oggi fluttuano nel mare dell’incertezza. 

Infine, la borsa, che aveva iniziato la sua discesa in occasione della crisi cinese, subisce crolli mai registrati in precedenza. Il 12 marzo, il giovedì nero, Piazza Affari chiude a -16,92%, la peggior seduta di sempre. Prendono terreno tutte le borse europee e americane. A nulla sono valse le politiche monetarie espansive della Fed che con due operazioni “in emergenza” ha azzerato i tassi ufficiali di riferimento. Soltanto il 24 marzo, a seguito dell’annuncio del governo americano di un piano di aiuti alle imprese di 2000 miliardi (per comprenderne l’entità si consideri che il pil italiano è di 1.700 miliardi), si è riusciti a ottenere un rimbalzo di Wall Street dove il Dow Jones ha registrato la migliore dal 2008 : +8,4%.

È fondamentale sottolineare l’importanza di mantenere vivo e attivo il nostro tessuto produttivo affinché possa presidiare gli anelli della catena del valore, nazionali e internazionali, e non restarne escluso in futuro quando l’economia mondiale ricomincerà la sua marcia.

L’andamento del mercato immobiliare italiano prima della crisi – Luca Dondi dall’Orologio

La presentazione del rapporto Nomisma prosegue con il quadro sull’andamento del settore immobiliare italiano antecedente l’insorgenza pandemica e tracciato da Luca Dondi dall’Orologio, AD e Responsabile scientifico dell’Osservatorio Immobiliare Nomisma. 

Prima dell’insorgere della pandemia, nonostante un contesto fragile e in arretramento, il clima di fiducia delle famiglie è comunque positivo se rapportato alla debolezza che muove già i suoi primi passi. 
L’immobiliare sembra godere di un ritrovato interesse, con un calo delle intenzioni d’acquisto che restano tutto sommato significative, e una domanda potenziale di 2 milioni di famiglie, dipendente in massima parte dalla concessione del credito.
I tassi di interesse sono straordinariamente bassi(e lo saranno fino all’inizio del 2020), un elemento di conferma rispetto alle condizioni di indebitamento della domanda che continua ad affacciarsi sul mercato.  
I mutui calano leggermente in termini di importo erogato a vantaggio di compravendite con maggiore liquidità.
In questo quadro sembra, quindi, che l’indebolimento economico sia contrastato dalla domanda rivolta all’acquisto. Il 2019 vede l’aumento delle compravendite, con tassi progressivamente decrescenti e un quarto trimestre in linea con quello dell’anno precedente. 
La componente prezzo latita ancora ma, a partire dal 2018 e soprattutto nel 2019, inizia a manifestarsi un’inversione di tendenza sia nei mercati maggiori sia in quelli secondari. 

Per quanto riguarda il settore residenziale, nelle grandi città sono diversi i mercati che, tra il 2018 e il 2019, registrano una crescita: tra questi, Bologna, Firenze e, soprattutto, Milano. Dai mercati maggiori arriva la spinta che porta a un’evoluzione positiva dei mercati intermedi (in particolare quello di Trieste, seguito da Bergamo e Parma). 

Maggiori difficoltà, evidenzia Dondi, sono visibili nel settore non residenziale, dove Milano fa più fatica a trasmettere i suoi impulsi positivi. Decisamente migliori le sorti degli investimenti immobiliari corporate (il comparto degli immobili cielo-terra di valore superiore ai 5 milioni di euro).

In sintesi, in questo contesto rassicurante, in cui l’Italia chiude il 2019 con un nuovo record di investimento superiore ai 12 miliardi di euro, il rallentamento del primo trimestre del 2020 non desta molte preoccupazioni. 

Le novità arrivano in termini di composizione del transato. I dati mostrano la maggiore attenzione rivolta a nuovi comparti immobiliari, con le componenti alberghiera e residenziale che ritrovano appetibilità e slancio. Dal punto di vista territoriale si registra maggiore diversificazione, nonostante Milano si confermi il mercato principale, con circa il 40% del volume degli investimenti. 

La congiuntura immobiliare degli ultimi mesi – Elena Molignoni

Il resoconto sulla congiuntura immobiliare è il focus dell’intervento di Elena Molignoni, Responsabile BU Immobiliare e Strategie Urbane Nomisma. 

Come aveva rilevato il terzo Osservatorio Immobiliare presentato lo scorso novembre, e come già evidenziato dagli interventi di Poma e Dondi, la congiuntura mostra la resistenza del settore rispetto alla debolezza del contesto economico; una resistenza che, sul finire del 2019, cede il passo ai primi segnali di rallentamento. L’immobiliare smette di essere un bene rifugio e risente sempre più delle condizioni economiche generali, che si riflettono sull’andamento dei prezzi e delle transazioni.

A questo, evidenzia Molignoni, si accompagna l’arretramento delle compravendite dovuto alla minore propensione alla proprietà delle famiglie italiane. Fattore piuttosto evidente nell’ultimo trimestre del 2019, quando le operazioni nel comparto residenziale crescono su base annua di appena lo 0,6%, registrando il valore più basso degli ultimi cinque anni. 

Sul fronte non residenziale si denota una crescita del 6% a livello nazionale e un decremento del 1% nei mercati delle città intermedie. Questo perché, spiega l’esperta, i divari territoriali delle performance economiche si riflettono sui mercati locali. E, a differenza dei periodi precedenti, quando i mercati più performanti riuscivano a trainare gli altri, adesso la spinta espansiva è condizionata molto dalla vitalità economica del contesto. Non sono più tanto i fattori come il reddito, la ricchezza o i consumi a influire sulle performance dei mercati, quanto l’attrattività dei territorinei confronti di residenti, imprese e turisti.
Un altro punto fondamentale dell’intervento di Molignoni è l’analisi della domanda immobiliare. I fondamentali che descrivono la crescita della domanda sia di acquisto che di locazione sono rappresentati dal livello raggiunto dai rapporti prezzo su canone e prezzo su reddito familiare. Mentre il secondo si è abbassato dell’8% rispetto alla media del periodo, il primo rapporto, invece, mostra una riduzione della distanza tra prezzi e canoni a favore di questi ultimi. 

La domanda di acquisto è tendenzialmente in crescita (nel periodo considerato 2007-2020), ma rallenta negli ultimi trimestri. Una motivazione, in crescita, che muove la domanda di acquisto, è quella di investimento. Si tratta di una componente importante perché immette sul mercato della liquidità capace di dare nuovo impulso al lento rialzo dei prezzi.

Il settore delle locazioni mostra invece una rarefazione dell’offerta contrapposta a una domanda sempre in crescita, con il conseguente aumento dei canoni d’affitto che non trova però una corrispondenza nell’aumento dei redditi. Un ostacolo per chi desidera affittare perché impossibilitato a comprare. 
Il ciclo immobiliare degli anni 2000-2019 mostra una struttura a nido d’ape, dove i due cluster di mercatianalizzati (le tredici città maggiori e le tredici intermedie) si muovono nella stessa direzione, seppur con qualche differenza. I mercati principali, infatti, registrano una maggiore perdita di valore dell’abitazione rispetto a quelli intermedi. Nelle città intermedie, invece, si verifica una perdita più alta di quote di mercato. Dal 2014, però, la curva di entrambi i cluster ha ripreso a salire e, ad oggi, possiamo dire che tra i due mercati sussiste un gap temporale di un anno a favore dei mercati maggiori.

Come in tutte le fasi economiche caratterizzate da un’inversione di tendenza, anche stavolta si assiste a un divario tra alcuni mercati in recupero (è il caso, ad esempio, di Modena, Trieste e Verona) e altri che invece fanno fatica ad avanzare e registrano performance più basse rispetto alle medie del periodo (è il caso di Messina, Salerno, Taranto e Perugia). Nel segmento non residenziale, in generale, si evidenziano performance negative. 

Un ultimo spunto di riflessione deriva dal confronto tra i prezzi dell’immobiliare e l’indice Context Score di Nomisma, che rivela tutto sommato una coerenza tra le performance immobiliari e l’attrattività dei contesti urbani.
In particolare, la coerenza è evidente dove a prezzi alti corrispondono score alti e a prezzi bassi score bassi. In alcuni casi, emergono le anomalie che sono riconducibili a mercati sottovalutati (quelli con prezzi bassi e score alti) e dei mercati sopravvalutati (prezzi alti e score bassi).

Le previsioni sull’andamento del mercato immobiliare italiano – Luca Dondi dall’Orologio

In un quadro così mutevole, come quello segnato dall’attuale emergenza sanitaria ed economica in atto, l’unico modo per fare delle previsioni è procedere per ipotesi

Nel suo secondo intervento, Luca Dondi presenta infatti i due scenari recessivi (uno meno pessimistico e definito “soft”, l’altro più grave e definito “hard), delineati da Nomisma a fianco dello scenario pre-virale (ormai superato dagli eventi in atto).

Rispetto allo scenario precedente l’ondata virale, che lasciava ipotizzare una leggera crescita delle erogazioni dei mutui (per un valore di 53 mld di euro), i due scenari soft e hard mostrano delle importanti recessioni che cresceranno ancora nel 2021 e renderanno difficile il ritorno alle condizioni originarie.

Nel 2020 le compravendite nel comparto residenziale subiranno un calo molto brusco, con la perdita di quasi 50.000 operazioni nello scenario soft e di quasi 120.000 in quello hard.  
Stesso crollo drammatico è previsto per gli investimenti corporate: ipotizzando i due scenari, nel 2020 queste perderanno 2,6 mld e 5,8 mld di euro. Cifre che, nell’arco del triennio 2020-2022, arriveranno a 9,4 mld e 18,3 mld.

Per quanto riguarda il settore residenziale, le stime di Nomisma prevedono nei prossimi anni una perdita tra i 54,5 e i 113 mld di euro di fatturato (che nel 2020 è compresa tra i 9,2 e i 22,1 mld). 
Con riferimento ai prezzi, l’Osservatorio riporta flessioni medie comprese tra il -3% ed il -10% nel triennio, con il 2022, che potrebbe vedere una timida attenuazione del calo.

Tutti dati che, sottolinea Dondi durante l’intervento, mostrano come il settore immobiliare pagherà un tributo pesantissimo nonostante la capacità di resistenza al deterioramento dell’economia dimostrata prima della pandemia. Il quadro che si delinea, infatti, evidenzia un contrasto stridente con i risultati registrati da Nomisma nel 2019, che restituivano un’immagine di miglioramento in atto.

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